La plastica è un’aiutante preziosa nella vita di tutti i giorni: è pratica, leggera, comoda, versatile. Si presta a tantissimi usi e semplifica diverse attività quotidiane.

Basta guardarsi intorno con un po’ di attenzione e notare come le nostre abitazioni siano piene di oggetti e strumenti di plastica.

Infatti dopo acciaio e cemento questa sostanza si posiziona al terzo posto sul podio dei materiali umani più diffusi sulla terra. Purtroppo però questa enorme quantità non fa bene né all’uomo, né all’ambiente. Come siamo arrivati a questa “invasione”?

È possibile migliorare questa situazione ed esistono delle alternative che abbiano gli stessi vantaggi? Fortunatamente si e in questo articolo vediamo insieme come.

Esiste una alternativa alla plastica?

Parleremo fra poco dei danni ecologici e di salute che la plastica comporta. Per questo è importante ridurre e anzi, sarebbe auspicabile, azzerare l’utilizzo della plastica a livello globale. Fortunatamente si stanno facendo grandi passi avanti, sia a livello legislativo, che a livello di sensibilità personale. Le alternative ci sono, sono validissime ed è importante che vengano sempre più diffuse ed apprezzate.

Una delle alternative alla plastica maggiormente conosciute in questi ultimi anni è il silicone. Contrariamente all’idea di molti infatti, il silicone non è plastica. Un’altra scelta rispetto alla plastica tradizionale è rappresentata dalla bioplastica.

Bioplastiche: cosa sono?

Per bioplastiche si intendono quei materiali e quegli oggetti che hanno la caratteristica di essere biodegradabili (se vuoi approfondire visita il sito di Assobioplastiche)“. Esistono anche dei materiali prodotti da fonti rinnovabili, ma non biodegradabili, ne compostabili, che Assobioplastiche definisce “plastiche vegetali”.

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Questi spazzolini in bioplastica derivano dalla lavorazione della canna da zucchero e azzerano il rischio di microplastiche in mare.

A livello europeo invece la European Bioplastics include nelle bioplastiche anche questa categoria di “plastiche vegetali”. Questa concettuale differenza ci fa capire come quello delle bioplastiche sia un mondo relativamente nuovo e in continuo divenire. I materiali attualmente utilizzati sono nati intorno agli anni ‘90 e sono in corso continue sperimentazioni a riguardo.

Le bioplastiche attualmente in commercio sono create lavorando sostanze provenienti principalmente dal mondo dei cereali (amido di mais o grano) o dall’industria zuccheriera (canna da zucchero, barbabietole, melassa) ma possono provenire anche dal legno o da microrganismi e alghe.

Bioplastica: pro e contro

I benefici dell’utilizzo di questa tipologia di materiale sono molteplici:

  • riduzione dell’impatto ambientale: nel processo produttivo vengono ridotti i gas ad effetto serra e l’utilizzo di fonti fossili. La biodegradabilità poi consente di ridurre sia il numero di rifiuti che i tempi di decomposizione;
  • riciclabilità;
  • grandi vantaggi per la salute, non contenendo sostanze nocive per l’uomo, a differenza della sua “cugina” meno eco-friendly;
  • crescenti prestazioni tecnico/economiche a livello industriale, che fanno concorrenza a quelle delle plastiche tradizionali.

La principale critica che gli viene rivolta riguarda l’approvvigionamento delle materie prime, che si pensa possa andare a diminuire le risorse attualmente disponibili, nel caso in cui la produzione di bioplastiche dovesse crescere in modo significativo. Fortunatamente però per il momento i pro sono decisamente maggiori dei contro e le stime sono assolutamente favorevoli a questa tipologia di materiale.

Principali applicazioni

Le bioplastiche si trovano oramai in molti oggetti di uso comunque: 

  • imballaggi (shopper, sacchetti della raccolta organica, packaging alimentare e non);
  • prodotti monouso (stoviglie o prodotti per l’igiene personale);
  • automotive e trasporti;
  • edilizia.

Ci sono quindi ottimi presupposti perché le bioplastiche possano arrivare un giorno a sostituire le alternative meno eco-friendly. Nel frattempo puoi cominciare fin da subito a migliorare la qualità di vita della tua famiglia e a dare una mano alla natura.

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Il vasino che vedi qui sopra è fatto in bioplastica: al suo arrivo in discarica è destinato a biodegradarsi senza rilasciare sostanze nocive nell’ambiente.

Come si smaltisce la bioplastica?

Per capire come smaltire correttamente gli oggetti in bioplastica è importante ritornare su un aspetto: biodegradabile e compostabile sono due concetti diversi. Gli oggetti in bioplastica non si possono gettare con i rifiuti umidi poichè impiegano molto più tempo a biodegradarsi rispetto, ad esempio, ad una buccia di banana.

In futuro le bioplastiche verranno raccolte in maniera separata e trattate per tornare ad essere materiale organico.  

Solo il 41% di tutto ciò che viene conferito nella differenziata viene effettivamente riciclato.

Ma oggi, dove si gettano quindi questi oggetti? Puoi differenziarli assieme alla plastica tradizionale, avviandoli al riciclo ma la soluzione migliore è gettarli nel secco indifferenziato: in questo modo una volta arrivata nelle discariche si biodegraderà senza rilasciare microplastiche o altre particelle nell’ambiente.

Abbiamo visto i vantaggi della bioplastica, ora concentriamoci sul perché è importante puntare su questo materiale. 

Un po’ di storia della plastica tradizionale

La plastica nasce nella seconda metà del 1800 quando, partendo da materie prime di origine vegetale come caucciù o cellulosa, ne vengono brevettate le prime tipologie.

Nei primi anni del 1900 comincia il grande avvento della plastica: prima viene creata la Bakelite, il primo prodotto sintetico utilizzato per moltissimi oggetti e che rimase per molti anni la materia plastica più diffusa. Avvengono poi in questi anni le scoperte del PVC e del Cellophane, che verranno però sfruttati industrialmente solo molti anni dopo.

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Il problema delle microplastiche sta raggiungendo livelli drammatici, con vere e proprie isole di rifiuti negli oceani. È tempo di pensare a materiali alternativi.

Intorno agli anni ‘30 inizia la produzione massiva e il petrolio diventa la materia prima da cui partire. In questi anni inizia anche l’era delle fibre sintetiche, come il nylon.

Negli anni ‘50 e ‘60, quelli del boom economico, la plastica si afferma come materiale insostituibile nelle case e per la vita di tutti i giorni: è sinonimo di modernità e comodità. Nei decenni successivi, fino ad arrivare ai giorni nostri, in concomitanza con la crescita tecnologica, la plastica si consolida e viene utilizzata nei più diversi settori, partendo dal medicale, fino ad arrivare all’automobilistico o all’aerospaziale.

Inquinamento da plastica: perchè il riciclo non basta

Che fine fanno gli oggetti in plastica al loro fine ciclo-vita? E che fine fa anche tutta la plastica monouso, di cui sembra non possiamo più fare a meno?

Secondo Corepla (Consorzio Nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica) in Italia è in aumento la raccolta differenziata di questo materiale (nel 2018 è stato raccolto il 14% in più rispetto al 2017) ma per mancanza di impianti di trattamento, solo il 41% di tutto ciò che viene conferito nella differenziata viene effettivamente riciclato. Tutto il resto finisce in discarica o nei termovalorizzatori. Cioè finisce nel terreno o nell’aria che respiriamo.

Più di 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono ogni anno negli oceani.

Ciò che invece viene (sbadatamente?) abbandonato nell’ambiente da cittadini poco attenti o poco informati sulle drammatiche conseguenze del loro gesto, arriva alle nostre orecchie purtroppo ormai quotidianamente: boschi e prati che diventano discariche a cielo aperto, vere e proprie isole di plastica scoperte in mezzo all’oceano, pesci e grandi mammiferi marini che vengono ritrovati senza vita con lo stomaco pieno di plastica. Secondo uno studio dell’UNEP (Organizzazione delle Nazioni Unite a tutela dell’ambiente e delle risorse naturali) più di 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono ogni anno negli oceani. Diventano cibo per i pesci e di conseguenza finiscono pure nei nostri piatti. Tutti questi dati ci fanno capire che il riciclo è importante, ma non è la soluzione definitiva.

La plastica è pericolosa per la salute?

Oltre ad essere altamente dannosa per l’ambiente, sempre più studi confermano anche il pericolo per la salute umana.

Alcuni tipi di plastica, ad esempio, a contatto con il calore possono rilasciare sostanze nocive che vanno a contaminare il cibo. Questo potrebbe succedere per alcune tipologie di pellicole per alimenti, per il polistirolo usato come packaging alimentare o per le bottiglie di plastica.

La migrazione di queste sostanze nocive nel cibo è ovviamente monitorata e stabilita per legge. Il problema è che, essendo ormai la plastica onnipresente, la quantità totale che ognuno di noi assimila ogni giorno, probabilmente supera i limiti di legge.

Altro argomento di discussione riguardante la plastica sono i pericolosi “interferenti endocrini”, sostanze che vanno ad alterare il nostro equilibrio ormonale e la cui esposizione sembra essere correlata a diverse categorie di disturbi: da quelli comportamentali, a quelli legati all’apparato riproduttivo o a patologie tumorali. E le categorie più a rischio sembrano essere feti, bambini e ragazzi.

Autore

Sono l'orgoglioso papà di Mattia ed Emanuele e il felice marito di Sara. Sono anche il co-proprietario di Ecobaby. Amo la mia famiglia e il mio lavoro. Che altro potrei desiderare di più?

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